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Poesia lineare
IMAGO  |   [cool] – da: “essendo l’ombra”   |   PAGINE DA «LA DISCARICA FLUENTE»  | 
[frammenti in zona di guerra - ostinato]   |  Teoria pratica - HYPERVOX  

IMAGO

: che si voglia o no / imbracato bréttine e bretelle / cum bilanceri cintule e pulegge / deambulare affabre su una corda torta / l’architectura spigne ad vacuum versus / strabalza al vòto / chiarisce appena i rischi / dunque / e ti sostiene un poco / ma deborda dai manoscritti per carenza d’equilibrio  ribattendo i fischi / cosicché si scempia e scheggia / ogni conato di normalizzazione

: che si voglia o no con cura describere segretamente una serratura / di factura sicura / di mano experta / di caratura et mensura certa / per premura di scorta si eviti il chiavistello / e si apra bel bello il serrame con un verso solvente / ché la memoria avvolgente si coltiva oscura a tempo perso / dicasi ad esempio frifac bononie / dicasi bona cuf / anitidib / si dica eseb si dubitas versum / si chiuda quindi cum / temptabis per universum

: un dato certum est che nel quattrocentoventuno / lo si voglia o no / fu inopportuno nello scherzo e quanto mai imprudente nella praedicatio quel Fontana / lui / rettore delle arti / libero zufolatore / con ruota a mantici e canne sonore

: lui / il Fontana / figura strana / stana embrioni di rana e non ha pratica di navigazione / pertanto il trattamento grafico di quelle pulegge è scarno / è per così dire non convinto / tinto di scetticismo su questioni gravitazionali / assai sostanziali per l’automatica deambulazione / ma gli interessa molto più il processo mentale della leva / perché il suono risona nel senso / e il senso nidifica nel suono / mentre l’orologio a fumo solleva idee per macchine di memoria e fissa parole nuove assai

: che lo si voglia o no il Fontana / lui / Giovanni / armeggia di cazzuole virtuali / ma suole intrigar di scazzi logokryptici e lazzi kryptologici / tanto che il de horologio aqueo segna il tempo in umido / e via via per klepsydre a foco e per klepsydre in serie / vuoi ad acqua che a foco / donde in gioco spunta la nova compositio horologii / il Fontana / lui / Giovanni / si misura / per anni unico al mondo / nella costruzione di stromenti di sofisticazione estrema / così da traguardare a tutto tondo un dodicesimo di secondo finanche

: chi cosa dove che per come e quando / tutto tratta Giovanni / de pisce, cane et volucre / de pisce, ave et lepore / e nel bellicorum instrumentorum liber / più lontano che mai / che lo si voglia o no / lancia demoni volanti / ché l’immagine è materiale fluttuante / sanza dimensione e sanza loco et vagola come foco talora et naviga a prora su navi anfibie / de facto l’immagine / è proteiforme dice / e va ancorata

: forse che no forse che sì / il suo castello degli inganni logora i panni dei suoi travestimenti / perché castrum fortitudinis fortitudinem non ostendit / forse che sì forse che no / il castello delle ombre / con tutte le sue penombre proiettate su cieli notturni / mescida e sfinisce arie giocose e ombre di morte

: che lo si voglia o no / le sue proposte riguardano più che altro lavori eccezionali / castrum deceptionis vocatur / quod cum qui ingresi vicisse cupiant vincuntur / et qui afugere credant incarcerantur / che lo si voglia o no vi fece e disfece speluncas il Fontana / speluncas et portas / portas et via laberinticas et altitudinem murorum et turium / ma non è tanto architetto / lui / quanto vate imperfetto / e quindi non produce macchine per l’edilizia / lui si sfizia / il  Fontana / con esili trattati di scienza applicata / non certificata / senza esiti raccomandati e senza ricevuta di ritorno

: qualora idee impegnassero viaggi et arrembaggi di bastimenti e rottamaggi di formule sfiorite e luoghi comuni / rincalzerebbe a buzzico / con piglio maniacale / Giovanni / le sue proposte per anni riguardano lavori eccezionali / spesso in condizioni di guerra perché la terra lo esige / ma non ha l’assillo di trasportare pesanti fusti di cannone / come si vede nell’anonimo delle guerre ussite o in altri testi di carattere militare / perché il senso si disloca nel suono / secondo regole che non fanno più riferimento alla sintassi / anche se ci sgomenta il carcere ad equilibrio con le sue assi in bilico / e ci conturba e spaventa quello spettacolo di morte rapida e ridicola / conditio sapida per il giovin signore

: che lo si voglia o no il Fontana rinnova la tradizione dei calculatores / impegnandosi in misurazioni che riguardano le distanze la velocità il tempo / forse le danze / che lo si voglia o no è proprio lui che non esclude la possibilità del volo umano / perché il suono attraversa il senso / perché il suono lo forma e lo attraversa / il senso / perché ama il paradosso / e così de trigono è promosso nel millequattrocentoquaranta / e del millequattrocentocinquanta è de omnibus rebus naturalibus / dove è così che il fuoco crea vuoto nei tubi e fa sgorgare acqua / dove è così che l’aria spinge l’acqua in zampilli / dove è così che l’aquilone incendiario vola sul mare / dove è così che l’acqua comprime l’aria e l’aria suoni / dove è così che questi paradossi si moltiplicano per associazione / benché squilli profilino ritratti di spilli che si conficcano in pupille e orecchie / et puelle racchie draghino mestamente le tramogge / dove il castello in rovina è quello più possente / dove il ponte levatoio precipita in basso / dove il carcere più temibile è quello aperto / perché solo gli incantati vanno al passo ché percepiscono parole d’incanto / ne consumano gli effetti nel canto / seppure i numeri confondano la voce e la rendano opaca / seppure alcuni perdano la voce per saltare i numeri quando altri hanno già perso le parole / un po’ qua un po’ là / ma l’assonanza spunta dietro l’armonia sensibile dell’occhio

: che lo si voglia o no la tartaruga ha due cilindri e dribbla facili pratili e invischia gracili rane in pozze fanghilose e stanche / testudo fugitiva / dice / operam habet / pulcerimam quia motu sonat / dice / ignem defert a quo defertur / dice / ad catedram deambulativam idem ingenium / dice / deservit / ma che lo si voglia o no / l’architettura rincorre la poesia / come per scala girativa / e sfugge e sfugge e sfugge e si paga cara / talora si spiaccica tutta nell’ironia di certe osservazioni / day by day / ma quel Fontana / è certo / fu inopportuno nello scherzo e quanto mai imprudente nella praedicatio / quel Fontana / lui / subito rettore delle arti / libero zufolatore / e poi in silenzio a margine

: catedram deambulatoriam vocavi / quam tui amore inveni / dice / ingegni suscettibili di inganno / con cuoio peloso e corna d’osso / ali di pipistrello / zampe e artigli d’uccello / occhi di vetro e polvere nel ventre / un culo a lanciafiamme avendo il ruzzo di sbeffeggiare monaci in bailamme / fu visto / lui / moversi ed agitarsi in acqua con fumi di zolfo e stridori e lampi in bocca e girandole per ogni ciocca di pelo / cocca bicocca  a berlicche tocca subire concorrenze / indecenze / che uno dei cento demoni sia vinto per arte d’incanto / gli costò così tanto / a lui / il Fontana / un po’ poeta  un po’ architetto / quel tanto di alchimista fuoripista che tenta ancora di aggiustare il tiro barcamenandosi nel duemila-e-due in improbabili autoritratti a richiesta / un po’ acidi / un po’ scipiti / poco piccanti / ma talora salsi e un tantino zuccarati

                                                                                     (in Io sono il titolo, a cura di S. Zuccaro, 2004)

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[cool] – da: “essendo l’ombra”
per pierre-andré arcand

(a più voci stratificate)

I.
c’est le temps qui marque la différence
(bien sûr
(tra una parola e l’altra
(così: tra dita: ex tricola ritagli

II.
il faut utiliser des distorsions
(détournement
(des tirs de harcèlement
(bien sûr   (à gages
des torsions du langage   (en gage
des altérations du corps (aussi
a tratti   (in vena    (tattili
a tratti-tr’atti
comme si les mots   (attratte
ritagliassero  (engagés    (ces mots
a’ rovigli ben ordinate spire     (contratte
e strignessero    (les mots
quelle spire in tracolli   (tumefatte lingue-lingue
annodate    (les mots des mots    (annudate
da conflitti di sensi
negligentemente

III.
ma poi fortuna ma-poi-fortuna          ma poi
de boucle en boucle
il bande sa machine (là
de boucle en boucle il bande
avec-avec   (il boucle
avec des petits nerfs
(cette machine    (il bande
cette machine (il boucle (là
de boucle en boucle
(il boucle   (trouble
des boucles          :il bande
(tous les ressorts de cette machine-là
puis : il tourne : il tourne l’aiguille sur le chapitre qu’on désire écouter
de boucle en boucle (là
de boucle en boucle
giù :coerentemente


IV.
l’ascolto monta-su
finché-là rotto di testa e di esperienze
(così come birla
ruino contra monitor in discrasia
(ove rìcolano intanto & bòmbano-là-là
buratti e bbuffalmacchi & blastemànno
ari-bbombano (qua-là
avvolti di neon e grassi di pubblicità              (& occultano   le ommm
bre di passs          sssaggio con cretinèzie e crapule
(e non sai bene    se ber     lucconando in pomate e ciprie o ber  liccando
:così       rrri      maneggiando            pus         come humus fecondo
o      fuliggini o ceneri (aspirando
o             deiezioni grasse   o caligini acide   in punta di              lingua-lingua
rimesto-mesto
qua-stupidamente
e ingoio

V.
l’ascolto monta-là  (freddo
(o      guaiolante lingua
(o lingue ex albate
(blu astre di guizzi elettrici                 (io le rimonto
(finto-tonto (ché la post-industria si difende
così telegenica e pinta    (finta-tinta  grint’osa
(che de-qualifica accussì bbene in ordine ’sti ccose
io la degrado allora (sta-lingua-qua  in-altri-in-altriboccoli sonori (quando
 inter facciata ne strugge le cereuella
all'attacco insolente di stracuccoli mediatici
su miniature baluginanti sub d’olé di bit
o muove in memoria (silente (per cant’ieri arrugginiti       e cave e cave-cave
sventuratamente

VI.
l’ascolto monta-là
per squarci grigi e corrosivi
(de boucle en boucle
:mo’ algido monta  (là sulle palme       :alme on the rocks
su per asfalti caldi  e fumi pesanti-qua        che chiudono le nari del ricordo
(klang-tiriklan-gan d’una vecchia fabbrica occupata
ses sons, nos corps, mes gestes

VII.
l’ascolto monta-qua
(dove i petti sfondati         come orbite cieche di giganti
e i gessi bianchi      che tappano la bocca ai morti
si offrono agli obiettivi in ghiaccio
(inesorabili manoeuvres le truffe satellitari dei potenti
(monta-là (crast-bunnn
dove mercanti d'armi controllano gli scambi in petto d’oppio
arroccati su banchi teletronici
qua-là :(per concrezioni e microprocessori a grappolo
l'encefalo (strip-lip (non spinge più contro la fronte
galleggia slap dietro il vetro catodico e slitta
:è la gola che strozza lo spasmo dell'esofago
sconsideratamente

VIII.
l’ascolto monta-là
lontano (molto
dove torrirossse masss
ch'erano le scelte
là su centrali e mari (anche
:e per strade di terra battuta
teste d'alci fanno da contraltare mozze su un palo
(d'altronde:d’oltreoceano
:ma pierre-andré
insegue
anatre vane
che ignorano richiami e ombre
:ommmbre perdenti

                                                                                     (Frammenti d'ombre e penombre, 2005)

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PAGINE DA «LA DISCARICA FLUENTE»
poemazzo per lazzi in forma di fola

con
Zan Cucumero Accademico Animoso & Zan Gurgola Accademico Frullato, Zan Scabiazza Accademico Picigante & Zan Scarpone Accademico Dessolado, Zan Capocchia  & Zan Trippone & Zan Scaramuzza Accademico Sdruciolato
che si scambiano ruoli ad libitum
 
[…]

- Stragisti dietro scrivanie di carte comprano le poltrone in pelle di banchieri assorti che sfregano onde di chiacchiericci contro borse e schiccherano cognomi di bancari contro istogrammi risplendenti di sacrifici di ragionieri inchiavardati ai deliri dei tassi alle altalene degli sconti e alle strozze di interessi così che squarci digitali e ghiribizzi e strizzi e lampi sguizzanti di fibra si apprestino a scomporre e ricomporre i quadri di riferimento se zompìcchiano di cifra in cifra e scendono e salgono in metamorfiche tavole numeriche dove tu mastichi pastiches di rendiconti appena subdorati e subisci le strisce di notizie in palmo di mano come un nano che raccoglie funghi avvelenati ignaro nel magma escrementizio / un supplizio di forbici e di spilli ti attendeva / di folgorazioni inossidabili ti attende simulate in televideo / quel supplizio ti attese sulle mete (sciaf scuasch) blaterando sob / se ti compete accetta / andirikele gugliamé androlascio burlamé / ontiki ontiki osiri ticchelettrico ristretto contratto spippiolo splompiscio / ammetti le tue colpe

- Un dramma laterale è messo in scena di scena in scena e in scena laterale che è messa in scena in uno sciocco dramma che ha scene laterali e laterale inscena una scena drammatica quando lateralmente il dramma appena appena men drammatico s'inscena e inscena più di quanto per ciascuna scena insceni il dramma che inscena sempre la stessa scena così che quella scena si sdrammatizzi come in un dramma per sua sceneggiatura tanto sciocco quanto la scena di quel dramma fesso che ho inscenato per te con pochissima ironia perché l'istesso dramma così inscenato è causa di scenate ben drammatiche talvolta e meno scenografiche di quelle scene che a te son conosciute

- Sciaf scuasch blaterando sob andirikele gugliamé androlascio burlamé / ontiki ontiki osiri ticchelettrico recotto contratto spippioli e splompisci / i prolungamenti virtuali dei sensi innervano il cervello e i sensori s'innestano dritti alla festa dell'interconnessione del bordello globale in forme fluide / dove la mappa dei linfonodi garantisce movimento alle cellule impazzite che trasportano frenetiche le schiere dei virus che di gòngola in gòngola in sollucchero o in brodo di giulebbe iranno a mesa / faranno doni di melanze fetenti di protesi elettriche / appicciate capsule autorigeneranti / di spolette autoestinguenti e di diodi luminosi e transistorici racconti in scheda tutta da percorrere finché l'ultimo sciancato non verrà spazzato via e gli ossessi assisi sugli scranni avranno bende agli occhi e il morso e tappi e il torso ignudo con decori fluorescenti all'abortito plasma

- Giucca co' billi e palle / inciucca e scurra e scurra / còllora flegma et altri mali umori quando ti s'ingavazza il gargarozzo (e l'acqua degli occhi ti tradisce per un istante) / la peste va sempre a' luoghi più secreti come di quei che copron le mutande / sempre controcorrente / t'ingraviderò di segnali / eleverò le antenne molto in alto finché l'oscilloscopio delle suggestioni non impazzisca di potenza e sfondi ghignando i vetri del quadrante e schizzino quei leds in questo mondo angusto ed infinito assai / allora tu t'astrologavi d'algebre / or t'intertieni ben saldo oltre i confini o de' confini hai perduto l'impianto sul confine?

-  Sia i miei che i  tuoi confini oltre i confini son perduti e oltre ma sai che sbravi e sbricchi e gli sbisai imprecano negli angoli di strada e c'è chi supplica per non morire ancora / ti avvolto in imballaggi e spera / ma tu cognosci li storni da le starne?

- Se babbuassa baia dagli berta / imbragati che schiatti e accogli unto di rock bardassonacci e stracci d'anime ammuffite / e spalmagli di grassi idrogenati la fronte e sulle labbra e nutelle per suggellare le forme della pubblicità / guarda là in alto

- Uccellator cortese (pluff) / imago vocis (sciaff) / blaterando (slof) / kelùk (andirikele) skuk / gugliamé androlascio burlamé / ontiki ontiki osiri ticchelettrico ristretto contratto spippiolo splompiscio / sovrasensuali tocchi le idee e t'accarezzi i suoni dell'iperspettacolo del mondo di automi imputrescibili e cadaveri scontenti squisitamente attenti all'obbiettivo

- Trafitto dalle immagini aguzze degli specchi che settanta volte sette attraversasti disteso nel sistema dei sistemi e sistemato a terra ben esteso e nudo e punzecchiato al punto giusto finché la mente non venne affogata nello sfondo / smergoli

- Ha perduto i confini il miracolo del mondo e ti giulebbi ora sui documentari / oltre il limen che più non ricognosci

- Cose e parole / quali ché cos'è / ma come cosa che / per chi / parole cose quando sarà cosa / che va / che torna / cos'è che il caso dà per caso al caso / cose da ricordare come cose / come case per parole povere e polveri sparse / come le parole in polvere / raccolte in casi poveri di cose / in case di polvere per parole vere / sempre che il polveraio empia il granaio

- V'ero anch'io / e tu dov'eri? / per sciatte capinere che allacciano le trecce a' cazzi desnudati delle finte maje nella notte porca dove il rosa e il rosso sono fusi al seno e billa billa brilla con grandi occhi da sole e soli sui capezzoli appena appena sbigottiti? / la discarica è fluente / la foglia è stretta / larga è la via / dimmi la tua / che ho detto la mia

- Santo cos'hai? / tu insisti sui sensali per guadagnarti un pizzo inconsistente / cosa temi? / che caso mai ti scoppi tutto dentro?

- E v'era dentro il cancaro e la febbre / e mille morbi che si uscian fora                                                                   

                                                                                                    (in Ressistenze 2, a cura di M. Palladini, 1997)

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[frammenti in zona di guerra - ostinato]
da “essendo l’ombra”

diavolo che panorama di ferraglie (canaglie braccate per baraccate soglie
spoglie al ciglio delle collisioni (ioni dis (persi per (disss (per ate aere
esercit’azioni a vuoto (foto-più-foto-meno       [cavolo]  (che inattendibili reportages
diavolo che panorama di ferraglie per misere spoglie (doglie
che panorama di ferraglie …
che panorama di ferraglie attorte
            da un panorama di ferraglie
di spoglie e anime vaghe smentite da un fremito di morte
che prospettive corte

(infrarosse a notte → mosse di sagome estradossate
scosse la testa  (tossì con dignità
scosse la testa
tossì con dignità
infrarosse a notte
scosse la testa

e giunse il tempo di scrutare ancora
diavolo che scempio laggiù
diavolo
che scempio laggiù
simulano un volo contro il suolo
(a raso
(iperinformazione-ridrammatizzata
perciò: «torna sui passi
e ritornai sui passi (inutilmente
diavolo  – disse –
è giunto il tempo di scrutare ancora
che scempio laggiù
in volo contro il suolo (a raso
che panorama di ferraglie
che odore di morte

diavolo: terribilmente fuori misura
lo sguardo [bruciato] frana
dall’una all’altra forra (l’idiozia è giocata con abilità
(su margini interni e esterni
«non fare non dire (siccome non finire
fu come contro bocche di fucili
(noi fragili
(nelle fibre nelle cartilagini
ahi quei muri scuri
«non fare non dire (siccome non finire
(duri (su margini interni e esterni
[bruciato]
lo sguardo frana
miserevolmente
cavolo (da una forra all’altra
diavolo: terribilmente fuori misura

e giunse il tempo delle reminiscenze
nell'estasi delle mucose
nei tessuti molli che fremono a distanza contro quei silenzi
così
da lei mordemmo l’ultima sigaretta e sillabammo numeri di passaporto
(la pioggia riflette fioche insegne (bar   bei capelli
impregna vesti  (sgrondano le lenti
battono ali perlate sulle ciglia stordite
per viscosità nei meandri di parole sciocche
pesanti come le poppe di grace
unte quanto il sorriso di ruth
che ronfa nel suo letto dopo che ha ben bevuto
tempo scaduto
:nella carta di giornale dei salamini
l’elenco degli uccisi

l'eccesso sferza
la città con le sue grida notturne
e consuma con brusii che annientano
incantevoli mormorii     nelle mie/tue orecchie
(stridule risa poi e colpi e lai di quell’inverno
la notte dai balconi del potere
si perde complice nei vicoli
quando inconoscibili al buio cadono le mani tronche
sotto la scure dei cospiratori
per quell’inferno
slash
quando quell'ombra
:incombente

                                                                                                                     (Frammenti d'ombre e penombre, 2005)

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HYPERVOX
Poesia e maschera elettrofonica

A) La contaminazione (termine tanto inquietante quanto denso di significati) ha sempre permeato il mio lavoro poetico. Le confluenze di più discipline artistiche e le intersezioni dei linguaggi lo hanno caratterizzato. Ho sempre mirato alla polidimensionalità e non alla mera sommatoria degli elementi. Corpo, gesto, rumori, suoni, luci, colori, architetture, quando sono entrati nel mio gioco poetico, hanno svolto ruoli interlinguistici. Ma alla voce ho sempre voluto assegnare una funzione portante. Strutturale. La voce non ha solo mediato, catalizzato; ha anche formato, organizzato, costruito, ri-testualizzato.

Il mio progetto poetico, che ha radici in esperienze di “poesia sonora” avviate verso fine degli anni ’60, si fonda su una stretta interazione tra vocalità e scrittura, nel senso che l’una attraversa l’altra e viceversa, offrendo aree d’intervento in continua trasformazione, dove l’elettronica occupa spazi non trascurabili. La mia scrittura non produce più testi, ma pre-testi in quanto luoghi da trasfigurare acusticamente e visivamente, pre-testi in quanto territori d’azione da ri-perimetrare, oltre la pagina, in termini spazio-temporali, che generano scritture in movimento, performance poietiche, anche in grado di ri-generare scritture.

Il testo non ha mai giocato partita più grande con l’immagine, con il suono e la voce come in questi anni. Stiamo attraversando un’era nella quale la “nuova oralità” va assumendo un ruolo sempre più centrale. Ed è ormai un dato acquisito quello relativo all’influsso diretto della fonosfera sulla poesia contemporanea. Del resto il suono (e con esso la voce) è particolarmente fluido; ha la capacità di attraversare con estrema facilità tempo e spazio. Mediato dalle odierne tecnologie ti può seguire sempre e dovunque.

Ma la vocalità, in particolare, sia pure sostenuta dalle tecnologie e dal ruolo di primo piano che le presenze sonore assumono nel quadro delle comunicazioni estetiche, deve attraversare la scrittura già in fase di progetto poetico. In altri termini, è necessario assegnare alla voce una rinnovata funzione in ambito letterario. Ma non si tratta di vocalità che aderisce ad un testo, di vocalità di sostegno che si riversa su un testo preconfezionato; qui si tratta di una dimensione sonora che va a condizionare fortemente la scrittura in sede tecnica. Questo rapporto non ha niente a che vedere con quello che tradizionalmente lega la voce alla poesia orale (costruita nel tempo sulle tecniche della memoria naturale), perché qui l'oralità si fonda sulle memorie artificiali della scrittura, da una parte, e dell'elettronica dall'altra.

Del resto il panorama mediatico ha già condizionato in maniera piuttosto consistente l’elaborazione testuale. Sono abbastanza diffusi testi che da un lato recuperano le dimensioni ritmiche proprie di alcune tecniche sperimentali novecentesche (dal “cut up” al simultaneismo), dall’altro il “sound” di strada (dalle jam hip hop, al rap, al “toast”, dai dozens, allo scat), le scansioni “pop” massmediatiche e tecnologiche (dal rock allo slogan commerciale e al jingle), ma, per altri versi, anche modi popolari ed arcaici (cadenze etniche, metri affabulatori, litanie e formule apotropaiche). Insomma, quelle strutture testuali intese come “spartito”, faticosamente avviate agli inizi del secolo scorso, dove la scrittura, nel ricercare forme ritmiche più consone alla dimensione sonora, fa i conti con la vocalità dello stesso poeta o di ipotetici esecutori, assumono oggi ruoli via via più significativi.

Nella nostra società ipermediatizzata la voce e il testo vocalizzato svolgono funzioni centrali sia nella poesia (poesia sonora, performance poetica, poesia-teatro, slam poetry, ecc.), sia nella prosa (radiotesto, audiolibro, videoletteratura, ecc.). E se consideriamo la dimensione ritmica (sia pure secondo forme specifiche) come denominatore comune della poesia e della prosa, il gioco delle confluenze e degli sconfinamenti, se condizionato e sostenuto da quello che chiamerei imprinting vocale di progetto, potrebbe individuare addirittura quelle direzioni “ultratestuali” di cui da anni vado predicando.

Fin dai primi anni ’80, infatti, ho sostenuto, per la scrittura, funzioni nuove che conducessero verso una concezione del testo inteso come testo integrato, come politesto in risonanza, come ipertesto sonoro multipoietico, come ultratesto trasversale che può vivere di polifonie intermediali e interlinguistiche, basato su linguaggi d’azione.
Quello che ho definiti pre-testo, dunque, già nella sua forma tipografica contiene germi metamorfici capaci di realizzare la complessità di successive tessiture dinamiche (iper-hyphos), oltre la pagina. È possibile, così, ricercare in ambito performativo intermediale nuovi rapporti con le forme del testo, tanto da renderlo multidimensionale e pluridirezionale, multivalente e pluripotenziale, policentrico e multilaterale, poliritmico e multisonante.

B) Il poeta si trasforma, allora, in poliartista: egli si appropria delle pratiche elettroniche, videografiche, del cinema, della fotografia, dell’universo sonoro (oltre la musica), della dimensione teatrale (oltre il teatro), dell’universo ritmico. Agisce poieticamente utilizzando tutte le tecniche, tutti i supporti, tutti gli spazi, senza rinunciare a ricondurre all’àmbito creativo il suo stesso corpo, quindi il suo gesto e la sua voce: elementi che, collegati alle nuove tecnologie, alimentati dal sostrato energetico dell’elettronica, costituiscono il fondamento di un nuovo atteggiamento poetico.

Questa figura di poliartista allarga e snerva i confini della poesia, di quella poesia che fonda tensioni al nuovo facendo, appunto, leva sulla contaminazione dei sistemi, sulla compenetrazione degli universi separati, sull’uso di nuovi media e di nuovi supporti, coniugando le smisurate energie offerte da parte scientifica alle energie della memoria e del corpo, attraverso una diversa concezione della materialità del linguaggio, sostenuto dalla voce, ma da un voce altra, che se da una parte ci ricollega ad un regno dell’oralità scomparso, dall’altra, grazie ai nuovi strumenti di sintesi sonora si pone sul fronte di una vocalità inascoltata.

Ma un discorso a parte merita il rapporto con le tecnologie per quanto concerne le loro specificità. La sensibilità tecnologica dell’artista, infatti, si rivela proprio nella maniera di rapportarsi al mezzo. Più viene esaltata la sua specificità, più si arricchisce la gamma dei significanti tecnologici a sostegno dell’opera. Nel caso del mio Poema Larsen (1983), per esempio, l’uso del microfono non è diretto alla semplice amplificazione del suono, come quasi sempre avviene, bensì alla sua produzione e alla sua articolazione.  Il suono, infatti, è il frutto del rapporto tra voce, gesto e spazio geometrico. All’azione si devono le modulazioni del feedback provocato dalle reazioni di ritorno che alimentano i microfoni articolati in performance. Questi da un lato captano unità foniche, dall’altro producono unità microfoniche, mentre il testo, limitato alla parola “microphone”, sminuzzata nelle sue componenti fonematiche, funge da percussore delle masse d’aria per porre in vibrazione lo spazio acustico. Controllata dal gesto modulatore (i microfoni vengono “agiti” nello spazio in una sorta di danza strutturante), l’interferenza funge da vera e propria generatrice di suoni. L’unica parola utilizzata è, insomma, il pretesto per innescare l’effetto larsen che viene modellato nell’azione dall’azione stessa, durante la quale ogni sequenza di movimenti modella una sequenza di suoni.

A partire da qui, fino alle mie ultime pièce, la mia voce in movimento, sostenuta e mediata dalle odierne tecnologie (che consentono di evidenziare i suoni impercettibili del corpo, di amplificare il flatus più recondito e, addirittura, di generare nuovi universi vocali, attraverso l’utilizzazione di softwares sempre più sofisticati, fino al totale sconvolgimento dei diagrammi acustici iniziali), genera suoni e disegna spazi, si fa testo e ultratesto,  corpo e ultracorpo, animus e anima, ponendosi come vera e propria hypervox. Si può parlare, così, anche di maschera elettrofonica, dietro la quale il suono viene articolato come uno degli aspetti fondamentali del linguaggio.



                                                                                                       (in Encuentro internazional de performance, Valencia, 2006)

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