Poesia lineare
Cadavre exquis | Niagara | Notturno col cappotto blu
Cadavre exquis
sarà il mio, credo, un educato cadaverico cadavere, un
verosimile manichino di vetro, un crespato crostaceo, un
cauto encausto, una noce vuota sul velluto, un enchiridio
muto.
sarà ciò che potrà essere, nel suo non-essere, nella sua
finità definita e indefinibile.
sarà un greve grillo che non salta più, bloccato nella malta,
una frittura fredda caduta su una stuoia, un arcaico
archetipo tardonovecentesco, uno stempiato teschio
in salamoia.
non avrà medaglie sul petto, non avrà occhiali né ali, sarà
un demonio beffato col tridente rotto, un lieve sorriso,
un’aria di malcelato imbarazzo, assai simile a un arazzo
consunto, a una smunta sinopia, a una pallida fotocopia
dalle mani di plastica ravvivata soltanto da una vistosa
cravatta Saint-Laurent, i denti stretti sull’ultima
parola detta prima che pensata, con l'incoscienza dei
bambini.
sarà il mio, in fondo, un buon cadavere, una simpatica
cavia, una spoglia sfogliata che gorgoglia i suoi bui
rumori, la pelle malconcia di un cane dalle grandi orecchie,
ricoverato in una vecchia cuccia di rovere, in un pomeriggio
d’estate, sotto la calura.
sarà una mummia madida, una buccia d’arancia vizza, una
trancia di pescespada privo di lancia, pancia all’aria.
sarà ciò che comincia a essere, il suo progetto
autodistruttivo, la tirannia del suo DNA, l’incoscienza
del passato, la scienza del presente che si dissipa.
sarà una sarabanda silenziosa che mangia se stessa in suoni
attutiti, contro faraglioni d’ombra.
sarà una carcassa un po’ grassa, un po’ bardassa, del tutto
sgombra di tutto, finalmente.
avrà magari voglia di volare, avrà voglia di campagna,
voglia di mare.
avrà l’ultimo appetito, forse indicherà col dito impietrito
un volto, ascolterà una voce rotta senza udirla, il pirla.
si sentirà un po’ solo e un po’ troppo vestito, avrà
il desiderio impossibile di una maglietta, di una
definitiva corsa in bicicletta.
avrà, sotto le palpebre, gli occhi aperti sul nulla, come
un Fanfulla disarcionato.
vorrà, credo, commettere l'estremo peccato con tutto
il suo peso sospeso: e poi veramente morire senza l’aria
di farlo: con leggerezza: con la paziente durezza di un tarlo.
(Cadavre exquis, 1985)
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Niagara
snobbando schifiltoso gli swieback adamo bevve la cicuta
senza coloranti in una tazza da caffè
torta nuziale wagon-lit spepa quella ragazza!
eppure era piena di efelidi a pioggia sulle gote d'amianto
multos in eo quidem rèpperi vermiculos
e altro che non risulta dalla registrazione
disse Anton Leuwenhoek nel 1677 dopo aver analizzato
al telescopio
il liquido seminale del papa
tifando comunque per Comenius nemico mortale di Coppi
dal limbo dei santi minori .
(almeno così pare(
usciti a frotte dagli interstizi dell’arpa
dei corrotti minoriti parlando di malattie mielate
sull’ascensore per gli inferi
ma non direttamente biasimato come superfluo il fatto
che dagli uman privati parea mosso
nel rimbalzo dell’idrovolante mal guidato
la liquerizia tinse tutti di giallo
la paracèntesi ringraziando il paràcleto
((((((((((in un’orgia di parentesi o di parèsi((((((((((
guerra ai palazzi e pace alle capanne
in Nuova Caledonia piovono testicoli a grappoli
(almeno così pare(
poco gli avanza di vita al fronte degli impiegati statali
oggi le nemesiache a congresso
je voudrais de beaux plis pour que ça fasse frou-frou
nelle scritte dei negozi la effe è latitante
vento ben teso stoffe per l’estate
foglio di via l’arte di sciogliere enigmi
la sigaretta le pendeva reticente alle labbra
segno grazioso di dimestichezza con tigri lupi e altri insetti
le tribù berbere dei Krumiri ribelli urlando
mentre il cappello nero vola via nella neve
(almeno così pare(
quante leggende nordiche a Matera
cavalier vidi mover nè pedoni
agilità dei sinonimi fondò a Parigi una fabbrica
ne uscivano tutti a notte inoltrata ubriachi fradici
assai rinomata la signora assai sciantosa e impudica
qualcuno sistemò le piastre di forma irregolare
leggera come fàselo o liburno (ad hoc)
una statua di legno irta di chiodi
innalzarono a Berlino in onore di Hindemburg
facevano alla fin fine una vita semplice patriarcale
con profumo di muschio di provenienza cinese
(almeno così pare(
tutte aggraziate con tartufi e regaglie
manipolando piselli fino alla sfinimento
per le maniche a vento l’ossobuco
penetrò con la furia di Attila di Pelè di Rocky Marciano
se la rana avesse i denti
sotto la sua faccia color barbèra
in onore di lui per dimostrare l’equivalenza
nell’irrisolto cimento saussuriano
Chopin scelse il pianoforte o meglio lo subì come ultima chance
a causa di una costipazione
(almeno così pare(
la nevrotica George rimase a letto ascoltava dei dischi
dei Rolling-Stones
c’erano ceneri di pirite e fanghi e camere di piombo
e anche la luna e altri sconsiderati ammennicoli
perdutamente sentimentali
che sconquassano a tutt’oggi molti equilibri psicofisici
c’era il morbo di Parkinson che aveva attaccato la dame aux camèlias
a cui avevano asportato l’utero e il resto
per sospetto carcinoma
ma gli occhi rimasero molto bistrati e fissavano il nulla
non rifugiamoci nel traminer o nel silvaner
(almeno così pare(
contro le lesioni cutanee gli eritemi le ulcerazioni
da corpi radioattivi o altre malinconie inguaribili
le ghiandole endocrine sono comunque in sciopero
anche se Monroe con tutta la sua dottrina
ignorava la sua futura omonimia con la bionda di «Niagara»
e la mimosa pudica accartoccia ancor oggi le foglie caduche
al minimo tocco
e la primavera si beve non dai calici ma dalle vene varicose
e la stupidità è la scelta più vantaggiosa
lo sapeva anche Stalin
(almeno così pare(
giudicando i principali responsabili viventi del nazismo
commuovendosi all’ennesima proiezione privata di «City Lights»
con accanto il tremante Voroscilov
lo sapeva da un altro punto di vista
Grigorij Grigorijevic Orlov favorito di Caterina II
il quale finì pazzo per distrazione
occorrono macchine per rinforzare il bordo
di oggetti di lamiera sottile
ma il tritone crestato alloggia in confortevoli appartamenti
il novilunio aggriccia le pieghe dei pantaloni
fabbricandosi nidi con alghe e saliva
per cancellare tutte le ombre sulla moquette
(almeno così pare(
CONTRARIAMENTE A QUANTO AVVIENE REALMENTE
(In abisso, 1988)
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Notturno col cappotto blu
ah la notte di s.silvestro in cui ah gli animali
parlano ah ah, le iene smettono di ridere ah e i serpenti
si scaldano al fuoco ah ah ah, la notte ah di s. silvestro
precipita nell’alba in tremendi bagliori di neve, ah.
c’è da qualche parte c’è ah una sola coppia smarrita,
un incontro d’amore ah in trattoria col contorno di una
tavolata di muti ah ah ah ah ah, e uno smeraldo
nel piatto. un tepore ah un tepore di scarafaggi, uno
svettare disperato di faggi simili a ussari annegati, un
fumigare ah sentenzioso, un maroso viola, una mandòla ah,
un lontano abbaiare: e il cielo bianco ah fiorito
all’improvviso di paracadute ah ah, la terra come una scudo
bronzeo e di colpo canuto. la notte ah la notte di s.
silvestro quanto ricorda un capestro ah sì contemporaneo
ah quasi come il tuo mestruo: ah, e accenna malgrado tutto
alle sue arcaiche forme perdute, ai disegni del vino
sulla tovaglia, agli intrichi ah della paglia, alle
fiamme ah sì che sbattono contro il muro ombre astute,
pallide ah pallide come gengive di vecchi, al mistero
delle farine e dei mieli. è un’arida ah burrascosa notte
che ah fluisce in un bramito ah ah e si consuma ah si
consuma in un tegame di coccio: la si può vivere ah
o solamente guardare, temendo ah ah di vederla arrivare
mentre scende ah dal predellino del bus, nella piazza
deserta, accanto all’edicola, col cappotto blu e
la sciarpa bianca, elegante ah elegante come un carnefice
dopo il lavoro, un espada ah che infila il suo toro.
(Cadavre exquis, 1985)
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