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Poesia lineare
La maestà delle finte  |   Ofelia  |   Pirandello-Cage 

La maestà delle finte

Non trovo il filo, e probabilmente
non è importante e non bisogna che lo trovi,

comunque ho gettato lo sguardo dietro alla tenda,
e questo osservare passivo m'ha data un'oscura sintesi

della vita, in carattere con quei giochi di fantasia,
quando, inventando creature, s'entra in complicate,

e a volte tempestose relazioni con esse,
per esempio in battaglie di quadrati e di triangoli,

o, appiccando il fuoco a una città fatta di carta,
se ne contempli poi, con gravità e reale malinconia,

il drammatico mucchio delle ceneri.
Potrà anche risultare possibile ritardarne la combustione,

e di conseguenza arginare l'incalzante senso di panico,
comunque si pone un interrogativo:

in futuro sarà sempre possibile la maestà delle finte?

                                                                      (La maestà delle finte, 1977)

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Ofelia

Per quelle tue ciglia che muoiono
dalla voglia di annuire,

varrebbe la pena domandarsi di Ofelia
nei rami di fiumi sotterranei

che si sfanno in acquitrini;
ammesso che una risposta

a una qualunque vestigia di lei
sia ancora possibile,

considerata la fragile carenatura
e il basso punto di galleggiamento

del tuo corpo, oltretutto
sospinto da un leggero vento di follia.

                                                                      (s.d.)

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Pirandello-Cage

Più indulgenza verso i feriti, i febbricitanti,
i bambini, a quanto sembra importantissimi,
verso i gatti di casa, e con tre tipi di formaggio,
sale la figlia esibita nuda

tra iI quinto e il sesto sonno:
certo che lo chiamo esibizionismo,
già staccata dal capezzolo di colla,
e per questo interessa la razza gialla,

per la razza bianca, da una torretta
come sp ara su ciascuno,
in scorci di potere numera uno,
a la Cage, un Pirandello-Cage

verso la Cina che ci sta dietro,
nel vestibolo, al pianoforte,
con propri testi di economia,
e nel bar che sta per chiudere: « la mid-cult... »

e infatti appare Dorfles,
sfumato, in un vano a rosone,
scintillandovi nella misura,
proprio lucido, mentre il gestore: « noi ce ne andiamo

sa », nel frattempo che DorfIes,
in grandi trasparenze e con la voce
fuori campo, nei quarti di tono
orientali, e gli efIetti come quelli dei negri

(e che pare anche il bue), ribadisce:
« importante questa cultura dimezzata ».

                                                                      (Gorba, 1973)

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