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Andrea Zanzotto
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Indicazioni bio-bibliografiche
Andrea Zanzotto (1921-)

Nato a Pieve di Soligo (Treviso) nel 1921, poeta. Zanzotto rimarrà sempre profondamente legato alla sua terra d’origine, tra le colline venete e le grandi vette dolomitiche, ritenendo dannoso per il suo stesso fare poetico anche uno spostamento di pochi chilometri. Tutta l’attività di Zanzotto sarà sempre sostenuta da una profonda cultura europea oltre che da una specifica attenzione per i più interessanti aspetti socioculturali del proprio tempo.
L’abbondanza di reminiscenze culturali, dal surrealismo all’ermetismo, di volta in volta composte in un insieme organico e unitario, rivela l’esplicita intenzione del poeta di inscrivere il proprio lavoro in una dimensione di insistita letterarietà. Ma già in Vocativo (1957), il terzo libro in versi di Zanzotto, il discorso si complica in seguito al difficile contatto con un «io» problematizzato, con una realtà persorsa da un lento processo di degradazione. Con Vocativo il poeta mette per la prima volta in crisi l’assolutezza del linguaggio, e da qui deriva la decisiva scelta di Zanzotto per una scrittura plurilingue, in cui trovano spazio le più disperate esperienze linguistiche (latinismi, tecnicismi, neologismi, vocaboli rari). È ormai aperta la strada a IX Ecloghe (1962), libro-svolta nell’itinerario zanzottiano, dove un linguaggio di illustre tradizione è messo a contatto con un esasperato plurilinguismo.
Tuttavia, se ancora nelle IX Ecloghe la ricerca del poeta si configura come «ricerca di Significati (di significati autentici) da rinvenire all’interno dei segni», nel successivo libro, La beltà (1968), il rapporto significante-significato è rotto. «Il significante non è più collegato a un significato o a molteplici significati possibili, ma si istituisce esso stesso come depositario e produttore di senso» (Agosti). Ormai in un atto di totale sfiducia nelle possibilità di «significare» del mondo verbale, Zanzotto attua un violento rimescolamento dei diversi registri linguistici, fino alla scomposizione stessa della parola nei suoi elementi costitutivi. A questa ricerca appartengono anche le successive esperienze poetiche di Zanzotto, che a partire da Filò (1976), attinge al fondamentale patrimonio del dialetto nativo, vissuto come zona di libertà e creatività contrapposta alla lingua italiana e illustre.
Successivamente a Pasque, il corpus maggiore della poesia zanzottiana risiede in quella che l’autore stesso denomina “trilogia” o “pseudo-trilogia”: Il Galateo in Bosco (1978), Fosfeni (1983), Idioma (1986).

Poesia:
Dietro il paesaggio, 1951
Elegia e altri versi, 1954
Vocativo, 1957
IX Ecloghe, 1962
La beltá, 1968
Pasque, 1968
Gli sguardi i fatti e Senhal, 1969
A che valse? (Versi 1938-1942), 1970
Filó. Per il Casanova di Fellini, 1976
Il Galateo in Bosco, 1978
Fosfeni, 1983
Idioma, 1986
Meteo,1996
Sovrimpressioni, 2001