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Poesia lineare
Tema dell’addio  |   Cromocentro  |   Forma  |  La stazione senza treni   |  ″T. S.″  |   Via Prospero Finzi  

Tema dell’addio

12       

Milano era asfalto, asfalto liquefatto. Nel deserto                                  
di un giardino avvenne la carezza, la penombra                            
addolcita che invase le foglie, ora senza giudizio,                         
spazio assoluto di una lacrima. Un istante                                             
in equilibrio tra due nomi avanzò verso di noi,                             
si fece luminoso, si posò respirando sul petto,                             
sulla grande presenza sconosciuta. Morire fu quello                     
sbriciolarsi delle linee, noi lì e il gesto ovunque,                           
noi dispersi nelle supreme tensioni dell’estate,                             
noi tra le ossa e l’essenza della terra.                                         

14     
Tutto era già in cammino. Da allora a qui. Tutto                                   
il tempo, luminoso, sfiorava le labbra. Tutti                                  
i respiri si riunivano nella collana. Le ombre                               
di Lambrate chiusero  la porta. Tutta la stanza,                                     
assorta, diventò il primo battito. Il nero                                     
dei tuoi capelli contro il giallo dell’ultimo raggio.                          
Da allora a qui. Era il primo giorno dell’estate.                          
Il silenzio ci riempiva la fronte. Tutto era                                              
già in cammino, da allora, tutto era qui, unico                            
e perduto, nostro e remoto, ardente. Tutto chiedeva                   
di essere atteso, di tornare nel suo vero nome.                                     

20     
Affogano le nazioni, crollano le torri, un caos                     
di lingue e colori, traumi e nuovi amori,                              
entra alla Bovisasca, spazza via il novecento                     
della solitudine maestra, del nostro verso                                    
sospeso nel vuoto. Altre donne si aggirano                                
tra gli scarti del mercato, nella nuova miseria                     
di questo istante. Io siedo al caffè sottocasa,                       
guardo il paesaggio che fu di Sironi, in un solitario              
12 agosto, inizio a convocare le ombre.                   

Rivedo mio padre in una città di mare, una brezza              
di Belle Epoque e un sorriso sperduto di ragazzo.                 
E poi Paoletta che sul tatami trovò la vittoria                               
a tre secondi dalla fine. E Roberta                                             
che ha dedicato la sua vita. E Giovanna,                                     
in un silenzio di ospedali, quando il tempo                                   
rivela i suoi grandi paradigmi.                                                    

31     
Noi che abbiamo conosciuto                                                     
il cuore di ogni giorno e il cuore senza età,                       
l’idea che illumina la carne,                                                       
la sapienza delle misure                                                            
e il lampo, noi ci lasciamo                                               
qui, in due metri di cemento, con un atto                                     
di presenza, un battito                                                              
estivo, uno scambio di persona.                                       

71     
Camminavi con la coscienza del sangue                             
e l’attimo strappato al suo giorno,                                                       
mia arciera, mia trafitta                                                                      
che ogni notte ti accendi nel cielo                                              
ora che il corpo si è fatto musica                                               
delle sfere, voce consacrata, silenzio.                                           

78     
Il cancello si apriva, erano le undici,                                                    
venivi qui ogni sera, varcavi il limite                                  
del dolore e riposavi su un’intatta                                                        
panchina, riposavi ed eri l’arcadia                                                       
delle tue mani, quell’essere ombra, quel                                      
luogo senza età.                                                                                

                                                               (Tema dell’addio, 2005)

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Cromocentro

A salti di zona è venuto qui
gettando una straccio sulla troppa chiarezza
del nostro vederci, cogliendoci
un fatto, obbedendo alla predizione
del granoturco.
                                Il liquido uscì violento,
raggiunse le orecchie. È stato
l'inverno... l'inverno ha un’estate, una
festa del pensiero, un atto
di labbra. È stato
il suo reciproco corpo: si può
non capire per sempre e si può
non capire una morte di cosa,
costruendo con riga e compasso
la prima ragione; restando, restando.
Arrivederci dunque.

                                                               (Distante un padre, 1989)

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Forma

Un’altra azione, nella vigna, per cogliere
questo moscato polveroso e dolce
tra le formiche
che percorrono il sudore
della schiena, affrettandosi
in un sole che asciuga tutto
mentre la pianura si allarga, e qualcosa
che era enorme scompare
scivola dal terrore fino al disagio
di diventare indifferente, fino all'ultimo
tremito, nulla.

                                                               (Somiglianze, 1976)

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La stazione senza treni

Non si può far finta di niente, riprendere la macchina
per le gite in provincia
e le chiese decrepite (ma anche
degli strani passi, vicino ai burroni)

«Perdonami questo amore che è già un’azione»

Così la vittoria è di chi
dedica e dimentica.
E cade l’idea di qualcun altro, la follia
di essere al banchetto insieme.

«C’è un confine impercettibile tra il suo lamento
e il suo crimine»

                           il pomeriggio di domenica
alcuni nell’agonia
si sporcano
non è facile distruggersi, nel buio di una camera,
e conta solo chi
esce per primo

Cercavo di essere difficile.
Descrivevo il rosso dei gerani solo se era sbiadito.
Tutto così: erano queste le decisioni.

Angelo, dimmi se è partita davvero, se non
mi avevi raccontato una balla per sorridere

«Tanto non sarà mai con intenzione
che vi farete del bene»

«Ma cosa ne sai di noi, della nostra parte segreta?»
«Non fare della musica. Tutto è definibile o non c’è»

                                                               (Somiglianze, 1976)

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″T. S.″

I

Ognuno di voi avrà sentito
il morbido sonno, il vortice dolcissimo
che si adagia sul letto
e poi l’albero, la scorza, l’alga
gli occhi non resistono
e i flaconi non sono piú minacciosi
nella luce chiaroscura del pomeriggio
mentre mille animali
circondano la lettiga, frenano gli infermieri
il disastro del respiro sempre piú assopito
nei vetri zigrinati
dell'autoambulanza, appare
il davanzale di un piano, il tempo
che sprigiona i vivi
e li fa correre con la corrente nelle pupille,
l’attimo dell'offerta, per scintillarle.
E improvvisa, la quiete
della vigna e del pozzo, con la pietra levigata
dividendo la carne
una calma sprofondata dentro il grano
mentre la donna sul prato partorisce
sempre più lentamente,
finché il figlio ritorna nella fecondazione
e prima ancora, nel bacio e nel chiarore
di una camera, il grande specchio,
il desiderio che nasce, il gesto.

II

E poi avrete sentito, almeno una volta
quando il liquido, delicatissimo,
esce dalla bocca, scorre giallo nel lavandino
e la sonda e le sirene sempre più lontane.
Il respiro si appanna, finisce, riprende
quanta pace nella spiaggia gelata dal temporale:
una canoa va verso l’isola corallina
e sotto l’oceano si accoppiano le cellule sessuali
non ci sono eventi irreparabili
ma solo le spugne cicliche, gli insetti
che hanno coperto l’aria:
ecco un colore di madreperla, una roccia nella sabbia,
l’accappatoio che toglie con un solo gesto
solennitá della luce, la meraviglia, la prima
e la femmina del pellicano
chiama la nidiata sparsa nella tempesta
e forse vede qualcosa, tra gli scogli,
qualcosa che si muove
domani correrà con i suoi bambini
mescolata, per respirare
nel turchese profondo della marea
che sale in superficie, sta rinascendo adesso
e trova una terra diversa, un’altra voce. 

                                                               (Somiglianze, 1976)

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Via Prospero Finzi

«E tutti arriveranno
perché è già stato sospeso
il tempo che non conduce.

Vedi, pochi anni
davanti a me, come
una morte proibita: lasciami,
lo sai che non cado.
         
C’è un ricordo,
una risata in cui cambio o mi fermo.

Tra questa folla
di semisvenuti e di corpi traghettatori
la pastiglia si mescola
al sangue; e noi scendiamo.

Ma senza colore, senza colore.

Al ritorno, Dio non troverà
neanche un errore per decidere.

Guardo il muro
a cui ti appoggi, tremi, ridi.
Anch’io sono nato lì».

                                                                       (Terra del viso, 1985)

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