Poesia lineare
da Amato topino caro | da I corvi d'Orvieto
da Amato topino caro
Topo, topo,
senza scopo,
dopo te cosa vien dopo?
L'uccello nero
salta leggero,
si chiama merlo
senza saperlo.
Se una lucciola va in treno
c'e una lucciola di meno.
Pipistrello, ti par bello
far pipí dentro l'ombrello?
Sotto la gronda gridano le rondini:
"Sono grandíni i chicchi della grandine! "
Un orso è un orso,
non c'e soccorso;
da lui son corso
gli ho offerto un torso
mi ha dato un morso.
Un orso è un orso,
non c'è soccorso,
non ha rimorso.
Una giovane nottola
giuocava con la trottola,
le cadde in una botola
ed ancora ci rotola.
Contro te, povero verme,
le lagnanze sono eterne.
Batte la fiacca, a Cuma, una lumaca;
consuma la giornata sull'amàca.
T'amo pio bue!
Anzi ne amo due.
Una zanzara di Zanzibàr
andava a zonzo, entrò in un bar,
"Zuzzerellona!" le disse un tal
"mastica zenzero se hai mal di mar. "
Se l'ape apatica
posa una natica
suI fior del cardo
diventa un dardo.
A Corfù ci vive un corvo
star lassù lo ha reso torvo
non ha più nemmeno un soldo
guarda in giù con l'occhio tondo.
A mezzanotte
la luna spicca
gobba a levante,
e il grillo inghiotte
la sua pasticca
di tranquillante.
(Amato topo carino, 1971)
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da I corvi d'Orvieto
*
Il sogno segreto
dei corvi di Orvieto
è mettere a morte
i corvi di Orte.
*
Quattro grasse troie turche
in un trogolo a Istanbul
grufolando mele annurche
poi mi dettero del tru.
*
Questa cicala rauca
in cima all'araucaria
ha tra le foglie un'aula
dove predica gloria.
*
A Montecarlo
un tarlo ossesso
punta suI rosso
fino a forarlo.
*
Son teneri, rosei ed inermi
i vermi di Forte dei Marmi
che in coro mi cantano: "Dormi!"
Cullato dal canto dei vermi
se dormo non posso sognarmi
che un mate di vermi che mormori.
*
Zitella libellula
che giri a zig zag
suI lago di Zug,
sei secca scheletrica
ma tinta di blu!
*
La stanza la stizza l'astuzia
di quando vivevi a Venezia
ed eri zanzara... la pazza
zanzara - che all'alba è un'inezia.
*
Si fa bruno a Brunico il cielo all'imbrunire.
Dentro l'ombra al ombrico non testa che lombrire.
(La stanza la stizza l'astuzia, 1976)
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