Poesia lineare
ASTRONOMY | COMIZIO MILLENOVECENTO 53 | DINAMICA ACCANITA | Ash Overritual |
Hisse toi re d'amour da mou rire
ASTRONOMY
Udito per caso sibilare la gran lancia viola nella ionosfera?
poi transita di qui e sobrie aree
dirama dai remoti seni e questo
è questo il tuo parlare a trama
questo essendo
l'opinione l'opera il respiro: non accorgersi confondere le acque
etimi leggendari omologare nel suono
di pietra pietra e nella conca alma
del sinistro (piede o mano, ma sinistro)
udito i germogli decimati dalIa calma ascia delle cadenze?
un'opinione sì, ma un'opera è respiro.
spazio
bene si crede che nello specchio lento delle rute si disfogli
spirito
la fluorescente odissea dei gradi e le natantie mute
vertebre plenilunie declinate alla fonte delle proiezioni contrarie!
udito allora riverberare il suono nello screpolo universo della ionosfera?
(E ma dopo, 1950)
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COMIZIO MILLENOVECENTO 53
sede di odorosa maglia di anice di grappa e di naftalina, e odore
di fegato di merluzzo e di carogne nel vestibolo delle narici e lungo il torace
brivido d'incenso, trame fischiate di camole di arredi nella foresta sottogonna del corpuschristi,
uguaglia l'incanto incendiato dei Patti Massimi: oh, albero
di avvenenza Speleofonica, albero del Precetto, di ladra
eideia, di fonda chiacchera, che il sangue in Itaglia * non lava
le soglie e i marciapiedi, ma il chianti su una straccio di tovaglia nunziale
appena che libato impiastra di rossa il sale e le freguglie di pane, e il coppino, buon augurio,
che sa la goda a darci dentro! e uno allora, diceva la rava e la fava, e che, eh no, eh no,
eh no, eh no!
eh si, sociofugo
eh, assimilatore
se ghe scapa la caca de sgnapa ghe se scepa la ciapa del bus del cu, del peritoneo! e uno allora
per Due Coltelli e Tre in fondo al lago inan ellato
ragiona a gran fatica in mezzo ai sassi sybillini nei laceri
bindelli della celeste tovaglia, con i crampi
e il gomito che scotta quando per i campi scaglia ai dieci ai dieci nudi
venti la fionda verso dove non ci si vede più è innescata è la sera:
ma: albero geodetico, fiuto della stratempo fedele, albero di galeotta
avvenenza, negli scudi che il nubilo, sù e giù, sparpaglia, e tempo
stravagante, a spasso, sù e giù, sulle finestre sulle croste sulle tibie sopra i cuoi sopra il lattime
delle guance nella cagliata e nella coppa a fare opachi stampi e malinconica
carezza e lente spire, e dura scorza alle gibigiane: rotta, così
sgargia la livella del T e B: e domani, ma domani, il candore
che entra come un temperino nudo, come una carognata, la gemma della paura o della sfizio, un gotto di manduria dentro il lago, e ma domani sarà una gran bella giornata! un gemito
dentro i testicoli, lungo, e nostalgia della sua cenere e ma domani
più nisciuno in questa scura foppa sa più bene se la pietra permansiva
e immemore in immemore equilibrio starà sopra la pietra,
o sull'arcata delle spalle i pensamenti a grani con tutta
quella catabrega di figlioli a precipizio e la legge
dell'uomo che ha mangiato di straforo il pànico vitale, sussidio
delle comunità, delle fabbricerie, dei sindacati, delle tribù. . .
tarlate da un acume propizievole e il lume
sforbiciato da molteplici scaramanzie, come l'albero
ignaro, svelto nel rameggio
tra il nubilo e il tempaccio nazionale e internazionale, il frullo
e la chiarezza in equilibrio immemore, una fctta di buontempo,
fluttuando e l'ecumene
dei bulbi pieno e vuoto vidima il poterc e il nonpotere dell'Onnipotente
genuino, alleato al tenero delirio dell'inedia e allo schianto
furtivo, elegiaco, delle erotiche asce, e degli stipiti deperiti a colpi d'anca,
e sbatti e molla e lasciandare che il cielo appartiene!
e nelle rocce di tenebre ti si strozzano ilividi precipizi le sideree fiumane i rari
riflessi per somme linee e i prèsaghi
tedeum e l'unghia incarnata delle estasi dentro le cortecce
del gelso e l'occhio estirpato alla sua roccia, immoto
sugli oziosi scandagli, ebete vedetta fino a che
la fanfara di carruba intonerà a pelo d'aria, scrocchiando, l'era nuova,
l'era bicipite, delle diavolerie fonetiche, i neumi palinsesti
dal foro dell'uovo di una syllaba clandestina solitaria esimia tenue caduca urbana generosa
lunga e carnale come il corpus della separazione e dell'uguaglianza: e nella cuna
tonda, come dei due orecchi del manzo, del padiglione dell'orecchio tra timpano e martelletto
rugando, fiorisce il cembalo insonne lanceolato degli espressi di frontiera, e il polverone
stormendo si avventa fuori orario dei camion, e il senso, a distanza,
delle luci gemelle nelle orecchie, perpetuo, sommesso attimo e baleno
dei Novissimi: cioè, una vallata, a canestri, di albe immolate
dall'amor delle anime, dal suffragio indenne
delle larve e dei cognomi pellegrini oltremondani barbari nazionali necessari sovietici o giudei
uno che incomincia così, che finisce cosà, darà agli incendi
l'Uccello di apollo e le cosce di santa Creatura, maschia o femmino,
oh, ignaro, oh gelido oh decrescente talamo dei nostri aliti
a ridosso, scapola a scapola! omelia e smalto e muscolo
del sortilegio paraclitico, esalando, in virga verbi,
ti fulmini, o sancta ecclesia, novero ecumenico, informe
apocalisse vocalizzata e suggellata con labbra inerti, tra le vigne
ti fulmini: una stupore idologico, ma maligno, e una rissa
aspra di cieli incenerisca il satanico peplo, il pascolo e il nubifragio
(Comizio Millenovecento53, 1953)
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DINAMICA ACCANITA
A mente formuliamo una dinamica
accanita: il carro con le cinque ruote
oblique nel senso periodico
dei punti cardinali sulle dita della mano usuale.
E se tu vedi adagio salire per la china storta
questa grande ruota morta, bene, sèguila
pari pari, e giunto in alta sui ripiani panoramici
e tu ruha dalle matte arene del silenzio geloso
nell'ora che la porta liturgica, gl'illimiti
itinerari e spazi vulnerabili recuperando, sbatte
sulla stipite e nel cardine di sale
cigola accanitamente, gud che alla terra torna
misurato compenso e quota infera
ideale: ruba
corna gentili di sangue congolese, e la luna
inviperita sulle cateratte.
(E ma dopo, 1950)
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(Ash Overritual, 1964)
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(Hisse toi re d'amour da mou rire /romansexe/, 1975)
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