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Poesia lineare
Deus absconditus  |   Io solo  |   Abendempfindung  |  All'alba   |  Disperanza  |   Finita l'opera  |   Giubilo  |  
Il fagiano   |  Il nome  |   La frana  |   Ritorno  |  Testo della confessione  

Deus absconditus

Un semplice dato:
Dio non s'è nascosto.
Dio s'è suicidato.

                                                 (Il muro della terra, 1975)

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Io solo

La Bestia assassina.

La Bestia che nessuno mai vide.

La Bestia che sotterraneamente

  1. falsamente mastina -

ogni giorno ti elide.

La Bestia che ti vivifica e uccide…

Io solo, con un nodo in gola,
sapevo. E' dietro la parola.

                                                 (Il franco cacciatore, 1982)

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Abendempfindung

     Non c'è sembianza - è detto -
che affermi la sostanza.

                                  Un rondone
raso l'acqua ne lima
col suo grido la spera.

    Due falchi altissimi.

                                    Nera
e perduta, la cima
resecata.

                Venere
che già la sovrasta.

                               Richiudo
- con cautela - il portone.

    Ne trapassa il legno la sera,
inumidendo l'androne.

    Recito la mia preghiera.

    Al Nume?

                     (Forse
- perdutamente e senza
revoca -

             al vacuo:

                            al Nome.)

                                                 (Il franco cacciatore, 1982)

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All'alba

     Eran costretti, tutti,
a seguir lui, il solo
che avesse una lanterna.
                                      Ma all'alba,
tutti, si sono dileguati
come fa la nebbia. Tutti.
Chi qua, chi là.

     (C’è anche chi ha preso,
pare, una strada falsa.
Chi è precipitato. È facile.)

    Oh libertà, libertà.

                                                 (Il muro della terra, 1975)

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Disperanza

    Mi buttai un’altra volta
a capo in giù.
                     All’avventura.

    Nel mio folle ansare,
bruciai il fiume.
                         La volta
del bosco.
                L’aratura.

     Mi fiaccai il collo.

                                  Invano.

     Invano tentai di sfondare 
il muro della paura.

                                                 (Il franco cacciatore, 1982)

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Finita l'opera

                                      a Ermando Nobilio,
                                    maestro ebanista

Quello che è fatto, amici,
è fatto. Possiamo
riporre i ferri. Ciascuno
(se vuole - se ha qualcuno
ad aspettarlo) può andare
franco dove più il cuore
lo tira. Io
che non ho abitazione
(che, qui fra voi, vedete,
e per voi, son Dio
che esiste, si dice, soltanto
nell'atto di chi lo prega: un atto,
in fondo, di disperazione
e negazione), io
- che non ho ubicazione –
preferisco restare
ancora un poco - scaldare
le dita all'ultimo fuoco
della colla, e scacciare
dalla mano il tremore
che l’agita, poi ridotto in cenere
il tizzone, sparire
«col favor delle tenebre».

                                                 (Il muro della terra, 1975)

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Giubilo

    Fischiettava, il fucile
in spalla, spensierato.
Non pensava, lui assassino,
d'essere l'assassinato.


                                                 (Il franco cacciatore, 1982)

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Il fagiano

    Cercavo “il fagiano”.
O, forse, era “il fagiano”
a cercar me?

                    La mano
esitava.

            Sparai.
Forse sparò lui. O un altro.

    S'io caddi (chi cadde),
non l'ho saputo mai.

                                                 (Il franco cacciatore, 1982)

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Il nome

    Il nome non è la persona.

    Il nome è la larva.

    Di tutti i circostanti,
a malapena è salva
– famelica – l'icona.

    (Eroi, e figuranti.)

                                                 (Il franco cacciatore, 1982)

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La frana

    No, il Conte non stravedeva.
Anzi, aveva avuto fiuto, il Conte.

    Giorno: il 14 luglio.
Anno: quello tra Il Flauto Magico,
a Vienna, e, a Parigi, il Terrore.

     In lui, non il minimo errore
di calcolo.

                 Anche se non esisteva,
la Bestia c’era.

                        Esisteva,
e premeva.

                 Nel cuore.

   Tra gli alberi.
 
                         Sul ponte,
pugnalato e in tremore.

   Uscito dalla mia tana,
guardavo - nel linciaggio
della mente - il paesaggio.

   Ai miei occhi, una frana.

   La frana d’un’alluvione.

   La frana della ragione.

                                                 (Il franco cacciatore, 1982)

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Ritorno

    Sono tornato là
dove non ero mai stato.
Nulla, da come non fu, è mutato.
Sul tavolo (sull'incerato
a quadretti) ammezzato
ho ritrovato il bicchiere
mai riempito. Tutto
è ancora rimasto quale
mai l'avevo lasciato.

                                                 (Il muro della terra, 1975)

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Testo della confessione

“Sapevo che non l’avrei trovato
a casa, quel giorno.
Per questo avevo scelto quel giorno
per andarlo a trovare.
Dovevo regolare
i conti con lui. Non potevo,
con tutta quella confusione
nel capo, lasciarmi scappare
la sola buona occasione.

“Salii le scale a due
a due, col cuore
che mi martellava. Bussai.
Bussai ancora. Chiamai.
Lo chiamai per nome.
Rispose soltanto, in eco,
il vuoto, nell'androne.

“Non c’era. Avevo ragione.
Cosí, venne lui in persona
ad aprirmi. Il viso
gli tremava. Un viso,
mio Dio. E forse
(forse) è solo per quel viso
(forse) che l'ho ucciso.

“D'altro, non ho da dir niente.
Non era stato prudente,
quel giorno. Si fosse trovato
in casa, non mi avrebbe
aperto. O forse mi avrebbe
spinto giù per le scale.
Mi avrebbe salvato,
comunque. Non mi avrebbe
(io non lo avrei) accoltellato.”

                                                 (Il muro della terra, 1975)

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