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Poesia lineare
Alzati a volo  |   Come tu vuoi  |   Graffito dell’eterna zarina  |  da Segmenti del Grande Patema   |  E il lupo  |   
Vita fedele alla vita  

Alzati a volo fin che puoi, raggiungilo
qualunque sia
     il tuo apice d'ascesa
e d'altitudine, discendi
poi nella profondità dell'aria
e nella tenebra del mare
non però a capofitto, attento!
                        evita i gorghi
d'oscurità
    da cui è difficile riemergere
e di essi dire ti è negato –
                        lo sappiamo.
Sta' nei tuoi limiti, usa
la calma, la perseveranza,
l'attenzione dei sensi,
della mente -  questo dicono
esperti consiglieri alla mia insufficienza
non sapendolo che il patto è già conc1uso
tra ansia e finitudine
e c'è pace terrena e ultraterrena, c'è.
Di te molto, mia terra,
mi è inciso,
nell'anima e nel viso,
mi è scritto nelle carni,
ma tu di me rechi pure qualche traccia,
ti prego, non polverizzarla
del tutto, finché tutto sia compiuto.

                                                          (in Tra ansia e solitudine, a cura di D. Marianacci e I. Barna, 2005)

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Come tu vuoi

La tramontana screpola le argille,
stringe, assoda le terre di lavoro,
irrita l'acqua nelle conche; lascia
zappe confitte, aratri inerti
nel campo. Se qualcuno esce per legna,
o si sposta a fatica o si sofferma
rattrappito in cappucci e pellegrine,
serra i denti. Che regna nella stanza
è il silenzio del testimone muto
della neve, della pioggia, del fumo,
dell'immobilità del mutamento.

Son qui che metto pine
suI fuoco, porgo orecchio
al fremere dei vetri, non ho calma
né ansia. Tu che per lunga promessa
vieni ed occupi il posto
lasciato dalIa sofferenza
non disperare o di me o di te,
fruga nelle adiacenze della casa,
cerca i battenti grigi della porta.
A poco a poco la misura è colma,
a poco a poco, a poco a poco, come
tu vuoi, la solitudine trabocca,
vieni ed entra, attingi a mani basse.

E’ un giorno dell'inverno di quest'anno,
un giorno, un giorno della nostra vita.

                                                          (Onore del vero, 1957)

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Graffito dell’eterna zarina

                                   *

Frattanto insiste, si sfibra
nella smania di diventare annuncio
la gramola di suoni
indecisi nel loro guscio prediurno
e io: - che matura, che si prepara? - m'infiammo
a quell'ancora
indecifrato messaggio, migratore
sbrancato vinto nella sua astuzia
e pronto al tuffo sulla lucentezza del miraggio.
- Apriti, che cosa racchiudi
di ancora palpitante
allo spiraglio della sua nascita – incalzo
quel brusio tra tetto ed aria
oscillando non meno dell'uccello suI filo iridescente del suo abbaglio.

- Accoglilo com'è, non forzarlo ad un senso – sorrido
di lì a poco antivedendo cosa mi risponderà il mattino
dalle sue finestre aperte quando sfolgora
il tappeto solare delle calendule
e l'occhiata lustra di daino delle ragazze
nella radura del mercato, e
- s'incendia la trasparenza della vita –
diresti. Invece è il suo enigma.

                                   *

Fuori un mattino stranamente limpido,
le linee certe,
la realtà spaccata
nel suo candore di gheriglio
mentre lei addossata alla porta
non mi lascia partire, non mi trattiene,
solo ascolta filtrare dall'interno
la canzone maliarda sonata da suo figlio –
chiara, senza lusinga o sortilegio
negli occhi, intenta come me
a quei tocchi rari di chitarra,
al sole, all'ombra, al loro mutuo
imprendibile avvertimento.

                                                          (Al fuoco della controversia, 1978)

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da Segmenti del Grande Patema

III
Muore ignominiosamente la repubblica

O, anche meno dicibile, un'oscura riluttanza
come quando alla snodo difficoltoso delle epoche
si avverte che passato e avvenire
si cercano, sì, ma alla cieca quasi sotto testuggini
e falliscono il tempo di un immancabile appuntamento.
Non c'è rito struggente del ricambio, non c'è scontro.
Solo l'angoscia del disguido.
E in quel disappunto della storia,
paura, sono certo, paura dissimulata appena,
un fuoco di volontà frustrata
nella dura paralisi si sfrena a freddo, deflagra,
come può, in qualche folgore demenziale.

E intanto: "soffoco, temo di soccombere
qui, sotto le macerie di me"
prende forza di belato a tratti un'inquietudine,
un'ansia oscura, da un punto non sanato
di quale infermità? - mi chiedo
a quel pensiero di un dolore
infimo, mai raggiunto dai trapani di luce
della visitazione, forse perduto, forse, sussultando.
                                                                                  E,
ora da più lontano controvento,
 "non discettare sulla salvezza avuta"
gorgoglia portata su da un mare
nei suoi rivolgimenti, si fa chiara
tra dormiveglia e insonnia, simile
eppure ben diversa
una voce eternamente naufraga,
una voce rotta di scampato
nel filo teso, non ancora reciso dalle rondini, della prima lustra -

questo era l'antescritto. Lo era da anni e anni.

                                   *

Cacce all'uomo, torture puntigliose dei nervi,
crollo e cattura delle menti?
Qualcuno, morto, si leva
contro la sua morte ignominiosa? Niente di tutto questo.
Visibile suI gomito del fiume
la crociera delle anatre,
visibile a stormi sui tetti
la gloria molto autunnale dei colombi.
Inutile cercare nei libri. Inutile compulsare i testi.
"Provvide la storia ai dovuti mutamenti" – dicono
poche parole, impervie, quasi dettate da un vescovo,
quasi elevate a dogma. Non ha un tremito
nella sua scrittura unita l'amanuense,
non aggiunge altro il prendinota ufficiale degli avvenimenti.
 
                                   *

Muore ignominiosamente la repubblica.
Ignominiosamente la spiano
i suoi molti bastardi nei suoi ultimi tormenti.
Arrotano ignominiosamente il becco i corvi nella stanza accanto.
Ignominiosamente si azzuffano i suoi orfani,
si sbranano ignominiosamente tra di loro i suoi sciacalli.
Tutto accade ignominiosamente, tutto
meno la morte medesima - cerco di farmi intendere
dinanzi a non so che tribunale
di che sognata equità. E l'udienza è tolta.

                                                          (Al fuoco della controversia, 1978)

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E il lupo

Quando scricchiola il ghiaccio
ed animali in ansia là sulla banchisa
guardano i mari disfatti, la deriva di icebergs

e sussulti di squali trafitti dalIa fiocina
s'agitano, si spengono e il salmone
avido di procreazione e moribondo
nuota a ritroso nei torrenti in piena

e il lupo con spasimo di tutta la sua vita
di quella dei suoi padri e dei suoi cuccioli
con questa ressa nel cuore

prende la via dei monti e si ritrova
agile sulle vecchie zampe, pronto
al richiamo dei venti originari
che squillano l'amore il viaggio e la rapina,

vita non mia, dolore
che porto dalIa notte
e dal caos,
ti risenti improvvisa nel profondo,
ti torci nelle angustie, sotto il carico.

Vivere vivo come può chi serve
fedele poi che non ha scelta. Tutto,
anche la cupa eternità animale
che geme in noi può farsi santa. Basta
poco, quel poco taglia come spada.

                                                          (Onore del vero, 1957)

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Vita fedele alla vita

La città di domenica
suI tardi
quando c'è pace
ma una radio geme
tra le sue moli cieche
dalle sue viscere interite

e a chi va nel crepaccio di una via
tagIiata netta tra le banche arriva
dolce fino allo spasimo l'umano
appiattato nelle sue chiaviche e nei suoi ammezzati,

tregua, sì, eppure
uno, la fronte sull'asfalto, muore
tra poca gente stranita
che indugia e si fa attorno all'infortunio,

e noi si è qui o per destino o casualmente insieme
tu ed io, mia compagna di poche ore,
in questa sfera impazzita
sotto la spada a doppio filo
del giudizio o della remissione,
vita fedele alla vita

tutto questo che le è cresciuto in seno
dove va, mi chiedo,
discende o sale a sbalzi verso il suo principio...

sebbene non importi, sebbene sia la nostra vita e basta.

                                                          (Su fondamenta invisibili, 1971)

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